Faccia a faccia con gli artisti della VR: intervista a Sönke Kirchhof

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Con questo articolo diamo inizio ad un viaggio nella realtà virtuale e in alcune delle sue applicazioni. Ed esiste un modo migliore per farlo che parlare con le persone che già vi stanno lavorando? A partire da Sönke Kirchhof, co-fondatore di INVR.SPACE GmbH


Abbiamo tutti sentito, almeno una volta nella vita, l’espressione “realtà virtuale”. Sebbene questo concetto abbia attraversato tutta la nostra cultura popolare – fra film, libri, televisione e molto altro – a molti ancora non è chiaro che cosa voglia davvero dire.

Le giornate studio del River College VR, svoltesi lo scorso marzo a Padova, sono nate proprio da questa necessità: cercare di spiegare di che cosa stiamo parlando quando parliamo di virtual reality (VR).

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Due momenti alle giornate studio del River College VR, Museo degli Eremitani, Padova

In occasione di questo evento le persone presenti non solamente hanno avuto l’opportunità di sperimentare personalmente la virtual reality – alcune per la prima volta – ma, cosa ancora più significativa, hanno potuto sentirne parlare da alcune delle figure più interessanti che di VR si occupano a livello nazionale e internazionale.

Sönke Kirchhof è una di queste figure. Produttore e consulente, ma anche formatore a workshop e seminari nelle Università e accademie private, Sönke è un esperto di ciò che possiamo definire visual storytelling e di tecnologie legate alla VR e ha co-fondato la tedesca INVR.SPACE GmbH nel 2015.

Nelle settimane che hanno seguito il suo panel al River College VR di Padova ho avuto la possibilità di intervisarlo e scoprire qualcosa di più sul suo amore per la realtà virtuale e sui suoi futuri progetti. Ecco cosa mi ha raccontato.


Sönke Kirchhof e INVR: esplorare un nuovo media e le sue potenzialità

Come ti sei appassionato di virtual reality e cos’è che ti piace di più di essa?

Difficile a dirsi; non è che un giorno mi sono alzato e mi sono accorto di essermi appassionato di VR.

13 anni fa ho dato vita ad un’azienda chiamata reallifefilm international GmbH. Ci occupavamo di filmmaking in 3D stereoscopico e di effetti visivi – dunque quello che chiamerei una creazione dell’immagine di tipo “immersivo”.

Dopo un po’, circa nove anni fa, ho avuto la possibilità di iniziare ad occuparmi di video in 360° per le proiezioni su cupole. La cosa è diventata sempre più frequente nel tempo, fino a che, circa 5 o 6 anni fa, ho comprato il mio primo VR HMD (virtual reality head-mounted display – visore per la realtà virtuale) per la visualizzazione di questi progetti in assenza di cupole… è tutto iniziato da lì.

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Il panel di Sönke al River College VR (marzo, 2019)

Ci racconti qualcosa di INVR.SPACE? C’è un progetto su cui avete lavorato a cui sei particolarmente affezionato? Se sì, perchè?

Ad INVR.SPACE abbiamo quattro settori: Produzione, Postproduzione, Ricerca e Sviluppo, Noleggio. Proprio per questo ci definiamo sia un “Full-Service Studio” (vedi gli aspetti di produzione e postproduzione) che un provider di servizi, con il discorso del noleggio, che infine un motore di l’innovazione, tramite il nostro dipartimento di ricerca e sviluppo.

Non c’è un singolo lavoro a cui siamo più legati. Lavoriamo su cira 200 progetti all’anno e la maggior parte di essi diventano per noi speciali, unici, qualcosa a cui teniamo molto, in relazione al campo in cui sono prodotti.

Le trasmissioni dal vivo a 360° e le risoluzioni di 8K e superiori sono parecchio impegnative a livello di tecnologia: proprio per questo abbiamo su questo delle coproduzioni che ci appassioniamo particolarmente. Sono progetti che stiamo producendo in tutto il mondo: ad esempio negli ultimi due anni abbiamo lavorato in India, in Brasile, negli Stati Uniti, in Cina e in generale in tutta Europa.

Alcuni dei premi vinti da INVR.SPACE ed elencati nel loro sito ufficiale

Questa è probabilmente la cosa per cui siamo più felici: manteniamo un approccio collaborativo senza farci troppo invischiare dalla competizione come altri, chè mirano soprattutto ai benefici che ne possono venire (e ai soldi, più che alla passione), stanno facendo. Abbiamo amici e Partner ovunque; in questo modo ogni progetto ci permette di ampliare le nostre prospettive, al di là di dove viene fatto.

Un approccio collaborativo che è fondamentale in ogni campo, ma che nella virtual reality in particolare si rivela essenziale: parliamo infatti di un media che sta ancora cercando di trovare il proprio posto nell’ampio settore dell’industria cinematografica e dell’intrattenimento e di comprendere la propria relazione con i vari media che fino ad oggi sono stati usati per raccontare delle storie.

Parlando di INVR.SPACE, ho adorato la frase che citate nel vostro sito per riassumerne la mission: “We are out here to explore unique and unexpected ways of immersive storytelling in Virtual Reality” (trad.: Siamo qui per esplorare le uniche e inaspettate strade che lo storytelling immersivo può prendere nella realtà virtuale”. Come sta andando questa esplorazione? Quali sono le scoperte più sorprendenti che vi stanno accompagnando in questo viaggio?

Grazie per aver evidenziato questa frase! (a/n frase che ho davvero amato perchè mi trasmette la sensazione di territorio inesplorato che la VR sembra portare con sè nonchè l’incredibile lungimiranza che quanti la studiano o vi lavorano devono dimostrare)

Questo è proprio il DNA di INVR per noi: cercare sempre soluzioni e nuove strade creative – e non rimanere troppo legati alle vecchie regole che governano il cinema.

Ovviamente questo non vuol dire che le ignoriamo completamente; semplicemente cerchiamo di tenerle a mente ma ripensarle in qualche modo a seconda dello specifico progetto, proprio perchè stiamo lavorando con uno strumento diverso. L’esplorazione, perciò, avviene giorno dopo giorno e credo sia questa la cosa più divertente per quanti lavorano in questo settore: ogni giorno è diverso dall’altro, e ogni progetto è diverso dall’altro, quindi la routine è una cosa che proprio non esiste qui.

INVR Cinema durante EFM / Berlinale 2019. Foto dalla pagina Facebook ufficiale di INVR

C’è un gran parlare della relazione che intercorre fra la VR e il cinema, oggi, e alcune persone si domandano se effettivamente i festival cinematografici siano il luogo giusto per ospitare produzioni in virtual reality. Che cosa ne pensi? E specificatamente, quali ritieni siano i problemi maggiori che la VR, come media per raccontare delle storie, dovrà affrontare nel futuro? Su cosa dovremmo concentrarci per risolverli?

A mio parere non c’è una scelta giusta o sbagliata in generale, ma certo se un festival del cinema vuole aprire una sezione dedicata alla VR deve farlo nel modo giusto. Non si tratta soltanto di fare come fanno alcuni: “La VR è l’argomento del futuro a quanto pare; non ci piace un granchè, ma bisogna che anche noi ci facciamo qualcosa, perciò improvvisiamo una sezione di video a 360 con qualche sedia girevole ed è fatta…”

Il lavoro più grosso, a livello di “testa”, oggi, è di lasciare da parte le regole e i dogmi precedenti (senza dimenticarceli del tutto) e reinventare il modo in cui guidiamo questo media… fare come se fossimo dei filmmaker alle prime armi.

O un festival si rende conto che la VR è un nuovo media con dei contenuti specifici o sarebbe meglio se rimanesse con la sua struttura standard. Per esempio, i festival registrati alla FIAPF in generale non hanno incluso nel loro programma la radio o i podcast; dunque se decidono di farlo con la VR dovrebbero farlo in considerazione di due elementi: che sono convinti di avere un pubblico che possa esservi davvero interessato e che davvero vogliono impegnarsi a creare una sezione curata che offra contenuti di alto livello e creativi.

VR movie cinema at Cinemaxx 2019. Original pic from official INVR.SPACE website

Se così non è, ci sono comunque sempre più festival, nati negli ultimi anni, che sono specificatamente dedicati alla virtual reality – e che fanno già un ottimo lavoro.

Riguardo l’ultima parte della domanda: penso che sia importante rendersi conto, come già detto, che la VR è un media diverso e che quindi ha bisogno di un modo diverso di fare storytelling, così come di nuovi generi. In questo preciso momento ci troviamo di fronte a tanti prodotti che un po’ copiano/incollano quello che i filmmakers o quanti creano videogiochi sanno in relazione a generi esistenti; che sostanzialmente trasferiscono questi concetti in un mondo a 360°. Il lavoro più grosso, a livello di “testa”, oggi, è di lasciare da parte le regole e i dogmi precedenti (senza dimenticarli del tutto) e reinventare il modo in cui guidiamo questo media… fare come se fossimo dei filmmaker alle prime armi.

C’è un’installazione/film/documentario in VR che ami più di altri? Qualcosa che è stato davvero significativo per te? E una produzione che consiglieresti a qualcuno che non ha mai provato la VR, perchè ritieni che rappresenti al meglio le sue potenzialità?

Una domanda difficile… Mi piaccono così tante esperienze, ma soprattutto credo che ogni suggerimento dipende dalla persona a cui lo dai. A qualcuno piacciono di più le installazioni interattive, perchè non amano stare lì ad osservare e basta; altri non sopportano l’interattività o lo stile da videogame.

Certo, ci sono alcuni “classici” (se possiamo chiamarli così, nonostante si stia parlando di un nuovo mezzo), come “Notes on Blindness” o “Carne y arena”, ma trovo davvero complicato dare un suggerimento su cosa provare a qualcuno che non ha mai avuto a che fare con la VR.


E devo dire di essere d’accordo: è decisamente complicato. Quando nel 2018 ho trascinato alcuni amici che non avevano mai provato la VR alla sezione ad essa dedicata della Mostra del Cinema di Venezia (qui l’articolo in inglese) le opere a cui si sono appassionati sono state molto diverse: da The Horrifically Real Virtuality, a Crow: the Legend, da Buddy VR a X-Ray Fashion. La VR permette di creare cose talmente disparate, sia dal punto di vista narrativo che relativamente agli ambiti a cui può essere applicata, che è davvero limitante prenderne in considerazione uno solamente.

Per questo nelle prossime settimane tornerò a parlare di questa tecnologia evidenziandone alcune applicazioni e aspetti diversi. Per il momento, però, ringrazio di cuore Sönke Kirchhof per aver condiviso con noi questo scorcio sulla sua vita e sulla sua passione per questo incredibile mezzo creativo.


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