Lustration VR: come connettere l’audience alle produzioni immersive (trad.)

Lustration VR è una serie in realtà virtuale in 4 episodi realizzata con Quill e disponibile gratuitamente su Oculus TV. Costruita su una trama intricata e contenuti fantasy/noir, è una produzione in cui lo spettatore può cambiare il punto di vista della telecamera ed esplorare diverse prospettive… e forse diversi mondi.


Are you ready for the fight of your death?”, dice un personaggio misterioso a Malcolm mentre se ne stanno seduti al tavolo di un bar che sembra uscito da Happy Days fumandosi una sigaretta. Siamo all’episodio 3 della serie animata Lustration VR e questa battuta ci offre da subito due indicazioni: qualcosa di terribile sta per accadere e sì, è una questione di vita o di morte, ma vista dalla parte della morte. Perché, appunto, i nostri personaggi sono entrambi già allegramente defunti e ci troviamo in una sorta di purgatorio-realtà chiamato The Between. Un luogo dove ci si può “purificare” (la lustration del titolo) prima di passare al mondo successivo… ma anche una realtà dove i fili sono tirati da un’entità sconosciuta che potrebbe non avere a cuore gli interessi di tutti.

Diretta da Ryan Griffen e prodotta da New Canvas, Lustration VR è stata presentata al SXSW (di cui abbiamo parlato qui) lo scorso marzo e la sua prima stagione è attualmente disponibile su Oculus TV. Opera ispirata all’omonima graphic novel scritta dallo stesso Ryan Griffen per Gestalt Comics (disegni di James Brouwer), è uno degli esempi più interessanti di VR in cui viene sviluppata una storia articolata e che, proprio per questo, si presenta come un lavoro in grado di parlare ad un pubblico più mainstream di quello a cui la VR si rivolge di solito.

Ci sono altre storie interessanti che sono state in grado di creare una comunità (di fan) relativamente attiva attorno ad esse, come The Metamovie Presents: Alien Rescue. Lustration VR, pur essendo un lavoro completamente diverso, segue una direzione simile e mostra una chiara comprensione di quanto serve per colmare il divario tra un pubblico che ha meno familiarità con la VR ma ha un forte legame con altri media (come il cinema e la TV) e le produzioni immersive. Il tutto in un’opera che comunque appartiene al mondo della VR e fa buon uso degli strumenti che questo mezzo offre.

Un ottimo punto di partenza è l’ambientazione stessa, che arricchisce una classica narrazione noir/fantasy con elementi poco noti della cultura aborigena da cui proviene lo stesso regista. Nota curiosa a questo proposito è il rispettoso avvertimento all’inizio di ogni capitolo, che informa gli aborigeni e gli abitanti delle isole dello Stretto di Torres che potrebbero sentire voci di persone decedute durante l’episodio. Non ero a conoscenza di questo protocollo culturale, ma sono andata a documentarmi e da lì mi sono lanciata in un piccolo ma interessante viaggio di scoperta di alcune delle tradizioni condivise da queste comunità… E si sa, quando un’opera (VR o meno) ispira questo tipo di ricerca, significa che qualcosa di buono l’ha già fatto.

Lustration VR ha dalla sua un altro grande vantaggio: non solo trova ispirazione in un medium a noi più o meno familiare, quello della graphic novel, di cui ricalca lo stile sia nei personaggi che nelle ambientazioni, ma presenta anche una storia che siamo curiosi di approfondire semplicemente perché è una storia avvincente, con una trama misteriosa che si dipana lentamente davanti ai nostri occhi. Qualcosa che ancora manca nella maggior parte delle produzioni immersive.

Utilizzando alcuni escamotages narrativi tipici delle serie – episodi che si chiudono in un cliffhanger, personaggi ambigui dal passato misterioso che non si sa bene da che parte stiano, indizi che potrebbero essere rilevanti ma non si sa ancora per cosa – suscita nell’utente il desiderio di proseguire la visione e divorare un episodio dopo l’altro per cercare di comprendere il legame tra i personaggi vivi e quelli morti, e scoprire di più sulla cospirazione e sulle persone (…?) che stanno mettendo in pericolo l’aldilà.

I personaggi sono un altro elemento chiave che ha il potere di attrarre o allontanare potenziali utenti/fan. Personalmente, sono quel tipo di fan che potrebbe anche tapparsi il naso davanti ad una storia non proprio eccelsa se i personaggi sono interessanti da seguire, ma odio con tutto il cuore una storia i cui protagonisti siano scritti male.

Lustration VR, per ovvie ragioni di lunghezza, non può darci una prospettiva completa sui proprio personaggi, quindi ha bisogno di trasmettere le loro personalità e caratteristiche in modi più immediati, usando i classici tropi per definirli: Gallus con la sua passione per i Led Zeppelin; Bardolph vestito da detective noir, cappello compreso, con quella camminata lenta tipica delle persone un po’ sconfitte dalla vita; Pine, una detective donna incline alle parolacce, che fa battute sulla religione e su tutto ciò che non si può toccare, con contenitori vuoti di cibo da asporto sparsi per una casa in cui vive da sola. E i cherubini, con i loro capelli bianchi, il contegno impassibile e le voci prive di emozioni: qualcuno mi dia più scene con i cherubini, per favore.

Non mi è ancora chiaro quali dinamiche siano in gioco tra questi personaggi, e ammetto che una prima visione non è stata sufficiente per capire effettivamente tutto ciò che stava accadendo (cosa che temo sia stata in qualche modo influenzata dal fatto che non sono madrelingua inglese). Il punto, però, credo sia proprio questo: questa storia e questi personaggi sono abbastanza interessanti da indurci a tornare ai singoli episodi per riguardarli e cercare di mettere insieme gli indizi che potremmo aver perso.

E questo ci porta all’elemento principale attorno al quale si sviluppa Lustration VR, ovvero il cambio di prospettiva, che è lasciato alla scelta dell’utente. Utilizzando un semplice pannello, è possibile premere un pulsante e guardare la scena da una posizione diversa, o anche guardare scene diverse (che in genere si svolgono nello stesso momento e sono fortemente correlate a quella principale).

È vero che non tutte le prospettive aggiungono elementi a ciò che si sta guardando. Alcune addirittura confondono un po’, perché ci allontanano troppo dalle persone e dai dialoghi principali: non si riesce a sentire quello che viene detto e ci si aspetta che succeda qualcos’altro nel punto in cui ci si è posizionati – cosa che non sempre accade. Ma altri spostamenti di prospettiva sono assolutamente efficaci, dal punto di vista narrativo, per collegare le due dimensioni della vita e della morte. Ti inquietano, ti affascinano, ti incuriosiscono e, cosa più importante, sono cruciali per la trama e necessari per capire la storia. Quindi non solo uno strumento di intrattenimento, ma qualcosa di strettamente legato alla narrazione.

Un vantaggio associato a questi cambi di prospettiva è anche quello di dare all’utente un ruolo in ciò che sta accadendo. Parliamo chiaro: in Lustration VR non si interagisce con i personaggi, né si influenza la storia. Ma c’è un’altra cosa che chi è sempre stato un fan di programmi televisivi e film vuole fare quando li guarda: raccogliere gli indizi per risolvere il mistero prima che il mistero si risolva da solo.

Prendete LOST. Se eravate presenti quando è uscito, e come me tendete all’ossessivo su questo genere di cose, probabilmente avete passato ore a rivedere scene e a mettere insieme appunti su ciò che sapevate, perché dovevate capire cosa stava accadendo prima che lo capissero gli altri (no, non quegli Altri). Lustration VR permette di fare anche questo, e lo fa in modo molto fisico: si possono riavvolgere le scene; si può scegliere quale seguire; a volte ci si può anche avvicinare ai personaggi e cercare di capire cosa stanno vedendo. E, essendo in VR, si fa tutto questo dall’interno della scena stessa, come se si fosse un investigatore invisibile ma attivo in questo mondo che si muove davanti ai propri occhi. In una scena, mi sono trovata ad accostarmi a Bardolph mentre spiava tre persone parlare attraverso una porta chiusa: mi sono anche io “appoggiata” alla porta per sentire cosa veniva detto dall’altra parte… e sì, è stata una scelta un po’ ridicola da parte mia, considerando che avevo già assistito alla scena dall’altra parte della porta (ma, si sa, quando si gioca a fare il detective, si fa il detective, 100%, niente compromessi).

Quindi, il mio consiglio in relazione a Lustration VR è sicuramente quello di prendersi il tempo necessario per godersi gli episodi e studiarli un po’ e di tornare alle cose che avete già visto se notate che c’è qualcosa che vi è sfuggito.

È un modo di rendere propria la storia che i fan amano esplorare. Se a questo si aggiungono i contenuti e i tropi, le ambientazioni e lo stile familiare delle graphic-novel, il potenziale di sviluppo dei personaggi e le performance offerte dagli attori e dalle attrici che danno loro voce – molti dei quali sono noti alla cultura dei fan (citiamo Kevin Conroy, ma sentitevi liberi di fangirlare sui titoli di coda completi) – si ottiene una produzione che è diversa da molte altre. Che si rivolge a un pubblico più ampio, ma che anche è in grado di attirare l’attenzione delle comunità di fan (il miglior pubblico che si possa avere, la cui devozione – se rispettata – non conosce limiti! ), offrendo loro un modo di sperimentare la VR che sia super accessibile, gratuito e facile da capire.

Forse è solo un primo passo – e speriamo che ne seguano molti altri – ma credo che sia comunque ottimo.

Pubblicazioni correlate a Lustration VR

Immersività e fandom, un’unione scritta dal destino. Ecco alcuni articoli correlati che potrebbe essere interessante recuperare:

“Community as a big part of storytelling” – Ryan Griffen, Zoe Roellin, Nathan Anderson (LUSTRATION VR)

With impeccable worldbuilding and an exciting story to follow, Lustration VR, currently at SXSW 2022, is one of the most effective examples of how to create an active and engaged audience around a work, taking advantage of the possibilities offered by VR but always keeping accessibility at its core. (link)

Virtual reality e fandom: l’incontro di cui avevamo bisogno?

I fan, esponenti di rilievo della cultura partecipativa, potrebbero trovare nell’uso della virtual reality in ambito cinematografico lo strumento perfetto per vedere realizzate alcune delle loro esigenze principali. Scopriamone assieme il perchè (link)

The Metamovie Presents: Alien Rescue… la nuova frontiera del fandom

Menzione d’onore ai fanheart3 awards 2020, The Metamovie Presents: Alien Rescue è una produzione immersiva che ti permette di entrare fisicamente nella storia e manipolarla a tuo piacere. Una riflessione sul perché questo lavoro potrebbe essere esattamente ciò che i fan stavano cercando. (link)

Charisma.AI: interview with Guy Gadney about interactive storytelling and characters writing (part 1)

Charisma.ai helps you create interactive stories, believable characters, and teaches you how to work with non-linear storytelling. An introduction about this cutting-edge company, before meeting its CEO, Guy Gadney. (link)

“Baba Yaga”, VR Fan Experience dei fanheart3 awards 2020

“Il Premio VR Fan Experience viene assegnato a Baba Yaga per l’accessibilità dell’installazione, per una storia coinvolgente, con un’ambientazione suggestiva ed evocativa di universi di interesse fandomico e per il tipo di interazione, che invita il fruitore ad agire in prima persona anche nelle scelte morali che accompagnano il racconto” (link)