Dream e le nuove frontiere degli spettacoli dal vivo

Dream è uno spettacolo virtuale dal vivo della Royal Shakespeare Company: un’operazione innovativa con limiti e pregi ma che guarda al futuro della produzione culturale e ne segna un punto di svolta fondamentale.


Una delle produzioni di cui si è parlato di più nell’ultimo periodo a livello internazionale è Dream, performance teatrale online creata dalla Royal Shakespeare Company.

Come ci racconta il sito ufficiale, Dream – le cui performance sono attualmente concluse – è un’opera “eseguita dal vivo all’interno di uno spazio appositamente creato per la motion capture. I movimenti degli attori guidano gli avatar virtuali dei personaggi in tempo reale attraverso l’Unreal Engine di Epic Games. Gli attori rispondono alle direzioni e all’interazione del pubblico, rendendo ogni performance unica“.

Oltre a presentare una struttura assolutamente originale, e fra l’altro fruibile dall’Italia con estrema semplicità (il problema maggiore è quello della lingua), Dream è però anche un’operazione interessante dal punto di vista delle “origini”: si basa infatti su una ricerca sviluppata per approfondire le nuove frontiere dell’audience e delle produzioni dette “immersive” (che immergono il pubblico all’interno del mondo e della storia che dipingono), portata avanti dall’Audience of the Future Consortium e sfociata nell’interessantissima pubblicazione che potete recuperare a questo link.

2020: l’anno più difficile per la cultura e gli spettacoli dal vivo

Come ormai sappiamo, il 2020 è stato un anno difficile per il mondo dell’arte e in particolare per le forme di spettacolo dal vivo. Opere teatrali, musical, cabaret ed eventi simili, in Italia e nel mondo, hanno dovuto chiudere i battenti, e con la loro chiusura molti fra quelli che lavoravano nel settore, sia dietro le quinte che solcando le scene stesse, si sono ritrovati senza un lavoro… e senza un supporto economico da parte del Governo.

Una delle cose che più mi ha aperto gli occhi a riguardo è stata una foto postata sulla pagina Instagram dal cantante Bradley Jaden, conosciuto negli ultimi anni in particolare per il suo ruolo di Javert nella produzione di Les Misérables del West End londinese. Nell’immagine il cantante ringrazia l’azienda che l’ha assunto per un periodo e l’organizzazione ExcludedUK (che rappresenta i “3 milioni di contribuenti esclusi da un significativo sostegno finanziario Covid-19”) per aver salvato lui e la sua famiglia, “mentalmente, fisicamente e soprattutto finanziariamente“.

E’ ormai rinomata la mia passione per il musical Les Misérables – e fra l’altro proprio di Jaden avevamo parlato in questo articolo su fanheart3 – e ho potuto personalmente vedere la grandezza dell’interpretazione e della voce di questo ragazzo anche in uno dei miei ultimi viaggi pre-pandemia in quel di Londra.

Sapere che qualcuno con queste abilità è stato “lasciato per strada” quest’anno e costretto a trovare soluzioni che certo non mettono in luce quelle che sono le doti per cui si è fatto conoscere – doti che contribuiscono a donare bellezza a questo mondo – è stato un colpo al cuore, soprattutto perchè mi ha messo davvero davanti alla situazione che tante incredibili persone del mondo dello spettacolo stanno affrontando.

Proprio per questo, negli ultimi mesi ho iniziato a prestare particolare attenzione a quei lavori che in qualche modo cercavano di trovare una risposta all’esigenza di rinnovare il modo di fare spettacolo: non solo nel caso si ripresentino situazioni come quella in cui ci troviamo, ma anche per aprire nuove possibilità di fruizione e di partecipazione del pubblico. Fra queste, al di là del Covid, anche la possibilità di raggiungere un evento per le persone che vivono dall’altra parte del mondo, come mi è recentemente capitato di fare con il SXSW Online 2021, dove fra l’altro proprio Dream è stato presentato.

In molti hanno optato per lo streaming delle loro produzioni: pensiamo ad esempio, per restare in tema musical, a quanto fatto dal canale YouTube The Shows Must Go On!, che ha reso disponibili a partire dal 2020 estratti musicali, accesso al backstage e performance complete di alcuni dei musical più amati della storia.

E poi ci sono state una serie di compagnie che hanno fatto un passo più in là. Hanno creato uno spettacolo dal vivo e dato la possibilità all’audience non soltanto di vederlo nel momento in cui avveniva, ma addirittura di interagire con esso e, soprattutto, di far sentire la propria presenza di pubbico.

La Royal Shakespeare Company è una di queste compagnie. Dream è infatti un lavoro che cerca di trovare una risposta alla grave crisi del settore culturale che l’anno di Covid ha tristemente accentuato ed è un’opera che tenta di giocare sia in interazione che in presenza, con risultati molto diversi fra loro.

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Pronti ad entrare?

Dream e la proposta di un diverso modo di essere audience

Dream, diretto da Robin McNicholas, è uno spettacolo ispirato a Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare. Se pensate che persino la RAI l’ha citato in uno dei telegiornali di marzo (una scelta che mi ha sorpreso non poco!) ne intuirete subito il forte impatto mediatico.

Si tratta di un’opera che può essere seguita in due modi diversi: con un biglietto base e gratuito, che permette allo spettatore di assistere all’evento, e con un biglietto “audience plus” al costo di 10 sterline, che aggiunge alla visione la possibilità di interagire con l’opera e di influenzare con le proprie azioni le reazioni degli attori.

Devo dire che sulla carta questo è stato per me l’elemento decisivo nella scelta di acquistare il biglietto, anche se, prima dello spettacolo, non viene mai esplicitato in cosa consiste questa interazione, se non dicendo che lo spettatore prenderà il ruolo di una lucciola all’interno della foresta in cui si svolgono le vicende e che guiderà con la propria luce le strade dei personaggi. Una descrizione vaga che, per dirla in modo informale, ha fatto partire la mia immaginazione per la tangente, facendomi sperare in cose che, a posteriori, probabilmente avrei dovuto sapere che non erano fattibili.

Le limitazioni all’interattività in Dream

Devo dire che, in accordo con molte recensioni, è proprio l’elemento interattivo – al centro della promozione di questa esperienza – a rappresentare la mancanza più grossa dell’intera produzione. Certo, sono personalmente abituata a lavori con elaborate interazioni e quindi sono sicuramente un po’ di parte, ma la sensazione finale, dopo aver provato Dream, è che questa interazione sia limitata al minimo e abbia come difetto più evidente quello di essere totalmente ininfluente per l’andamento della storia e il comportamento degli attori.

Quanto viene richiesto è di “lanciare” delle sfere di luce in scena per illuminarla: nel momento in cui si può farlo, lo schermo si divide in due e nella parte destra appare una mappa tridimensionale all’interno della quale posso direzionare la mia sfera di luce e seguire in che area della scena cadrà. Al tempo stesso, sulla sinistra dello schermo, rimane visibile la scena virtuale in corso di svolgimento.

Primo difetto di questa scelta è il fatto che trascina l’utente completamente fuori dalla storia, interrompendo l’immersività che sulla carta è uno degli elementi fondanti di Dream. Quello che infatti succede è che l’utente smette di seguire la scena virtuale e si concentra sulla mappa e su come l’attore – rappresentato da un puntino – si sta muovendo al suo interno, in modo da lanciare la sfera di luce il più possibile in prossimità di questa figura, nella speranza di vedere modificata la scena che si sta svolgendo sulla sinistra dello schermo.

Anche però prestando attenzione solamente a questo, quindi ignorando storia, attori e tutto per cercare di notare esclusivamente i cambiamenti in illuminazione – e questo è il secondo evidente limite – non si ha la percezione di aver in alcun modo creato una modifica a quello che si sta vedendo. Inoltre, non sono le mie azioni a modificare il comportamento dell’attore, ma piuttosto il suo comportamento – quindi dove sta andando, come si sta muovendo, in che punto della scena si trova – a determinare il mio.

Essere presenti come audience: momenti condivisi dell’esperienza di Dream

Quello che, al contrario, a Dream riesce bene è di far sentire gli spettatori presenti ad un evento. E attenzione, non importa la tipologia di biglietto acquistato: l’interattività è assolutamente slegata da questo aspetto per una volta.

E’ in particolare efficace la parte pre-spettacolo, dove i partecipanti in attesa si raccolgono in un foyer virtuale nel quale – cliccando sui punti di una mappa che appare sullo schermo davanti a noi – possiamo scoprire qualcosa di più su come è stato costruito l’evento e su come funzionerà la nostra partecipazione.

E’ sempre su questa pagina, in un angolino a destra, che possiamo poi seguire il numero di persone che sono in quel momento nell’atrio con noi: nulla di strabiliante di per sè, ma vedere quel numerino salire e salire e arrivare a sorpassare le migliaia di unità – solamente nella sera in cui ho preso parte io allo spettacolo erano connesse più di 5.000 persone – è qualcosa che impatta più di quanto potrebbe sembrare.

Seguire i numeri e magari passare l’attesa prima dello show controllando su Twitter chi sta usando la tag #DreamOnline2021 e si trova alla performance con te ti fa comprendere che davvero tu e altre 5.000 persone (cose da stadio, insomma) state partecipando al medesimo evento assieme, esattamente in quel momento.

Ma – e qui il “clash” mentale – non siamo in 5.000 ad un evento da stadio. E’ un evento piccolo, in una stanza, quasi intimo e personale. Questa sensazione di intimità, di aver condiviso in tanti qualcosa di unico, di “riservato”, quasi, viene rafforzata nel finale della storia, prima del Q&A, quando a tutti viene richiesto di far cadere le proprie sfere luminose in scena. Lì sì si riesce a vedere magari non la propria, ma una caduta di talmente tante sfere da far pensare alla Notte di San Lorenzo e si sa che ognuna di queste corrisponde ad uno spettatore.

Da questo punto di vista Dream risulta talmente efficace da essere quasi commuovente. L’idea che un’esperienza virtuale e un minimo interattiva sia accessibile a così tante persone nello stesso momento, soprattutto considerando il desiderio che molti di noi hanno di vedere “sfondare” questo medium, è rincuorante ed entusiasmante proprio per le potenzialità future che sempre promettere.

In conclusione

Dream viene promosso come un lavoro dal vivo che è esperienza condivisa e interattiva e parla al futuro del teatro e dell’audience (“Dream – Explore the future of theatre in a virtual forest”, RSC)

L’impressione è che lo spettacolo non riesca completamente a rispondere a queste premesse: sotto certi aspetti non raggiunge mai i livelli di immersività e interattività sperati ed immaginati da chi è avezzo a questo genere di operazioni. Nonostante ciò, Dream è un’operazione che può segnare un punto di svolta per il futuro delle produzioni teatrali e dal vivo.

Non tanto perchè sia particolarmente originale come idea – il sito NoProscenium riporta degli interessanti approfondimenti su produzioni che risultano più efficaci di Dream sotto diversi aspetti – ma perchè a produrla è una compagnia di rilievo nel panorama teatrale, fattore che potrebbe segnare l’inizio di un avvicinamento a questo genere di produzioni anche di grosse figure del mondo culturale internazionale (magari anche italiano?).

Accanto a ciò, Dream è un’operazione che si basa su un esplicito desiderio di capire – anche scientificamente – quali sono le nuove frontiere dell’audience e a che direzioni guardare per il futuro degli eventi dal vivo: c’è quindi un preciso intento e un preciso progetto, su cui quest’opera sembrerebbe essere una prima, interessante riflessione.

(Un bonus per i curiosi e gli appassionati di tecnologia: nel corso dello spettacolo è possibile vedere quello che gli attori stanno facendo sul set e come ciò viene registrato per far apparire sul tuo schermo il mondo e i personaggi virtuali di cui stai seguendo le vicende. Un passaggio interessante e che, per chi è alla sua prima esperienza con questo genere di lavori, potrà apparire quasi magico!)


Dream è un progetto fondato finanziato nell’ambito del programma Audience of the Future della UK Research and Innovation attraverso l’Industrial Strategy Challenge Fund. E’ inoltre generosamente sostenuto da Miranda Curtis CMG, dalla Fondazione Sidney E. Frank, Audrey Mandela e Sean Phelan, ed è un beneficiario di EPIC MegaGrants.

Per saperne di più, potete recuperare l’intervista a Sarah Ellis, direttrice dello sviluppo digitale alla Royal Shakespeare Company, pubblicata sul sito XRMust.