Ricerca e virtual reality: “a match made in Heaven”, direbbe qualcuno. Ne abbiamo parlato con Tobin Asher, ricercatore al Virtual Human Interaction Lab dell’Università di Stanford.

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Il Virtual Human Interaction Lab dell’Università di Stanford è uno dei principali centri di ricerca sulla virtual reality e sulle sue applicazioni.

Dalla ricerca medica alla ricerca sul razzismo, dall’educazione ambientale all’empatia, i progetti attualmente in corso a Stanford sono esempi significativi per comprendere l’utilità che può avere la realtà virtuale nel migliorare la vita di tutti i giorni e per offrire una migliore comprensione delle questioni sociali e delle interazioni umane.

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L’importanza della ricerca anche e soprattutto nel campo della realtà virtuale, dove permane incertezza sul futuro e in cui dinamiche tecniche e narrative presentano ancora elementi oscuri, viene ancora una volta confermata nel momento in cui uno dei festival cinematografici più importanti dell’anno, il Tribeca Film Festival, seleziona “Virtual Becomes Reality: a Stanford VR Experience” per il programma della Virtual Arcade.

“E’ più importante che mai, oggi, con la sempre maggiore accessibilità della virtual reality, comprenderne gli effetti sulle persone e sulla società. Esplorate i momenti principali di questi vent’anni di ricerca sulla VR al Virtual Human Interaction Lab dell’Università di Stanford”. Immergetevi e scoprite come possiamo usare questo potente strumento per migliorare la nostra vita quotidiana” (dal sito del Tribeca Film Festival)

Abbiamo parlato con Tobin Asher, co-regista e produttore dell’esperienza. Ecco cosa ci ha raccontato.

Virtual Becomes Reality: a Stanford VR Experience

Tobin, raccontaci la tua storia con la virtual reality.

Come studente a Stanford, ho preso lezioni in una vasta gamma di settori tra cui giornalismo, psicologia e informatica. Ho anche un background nel teatro e nelle arti e un forte fascino per il modo in cui percepiamo e comprendiamo la realtà.

Imbattermi nel laboratorio di realtà virtuale mi ha dato l’opportunità di combinare questi interessi. E proprio questo lavoro in laboratorio continua a offrirmi esperienze uniche e inaspettate – dall’aiutare a progettare esperimenti di ricerca all’avanguardia alla co-creazione di quattro selezioni ufficiali per il Tribeca Film Festival e persino a passare due settimane a Palau per catturare filmati subacquei per un pezzo sui cambiamenti climatici e le barriere coralline. Insomma, un lavoro sempre pieno di sorprese.

Interessante l’idea di creare un’esperienza in VR delle vostre scoperte di ricerca. Come è nata?

Jeremy Bailenson, nostro direttore e fondatore, si occupa di ricerca nella VR da oltre due decenni e ha aperto il VHIL (Virtual Human Interaction Lab) a Stanford nel 2003.

Negli anni abbiamo ospitato migliaia di tour del nostro laboratorio, fatti da dozzine di demo in cui illustravamo le maggiori scoperte presentate in più di cento articoli accademici prodotti dal nostro laboratorio. I tour sono per un pubblico generico, per gli affiliati a Stanford, ma anche per leader politici e dell’economia (nel passato abbiamo visto la partecipazione di membri del Congresso degli Stati Uniti, membri della famiglia reale inglese, di svariati capi di stato e di dirigenti di aziende della Fortune 500).

Da che la VR è diventata in modo sempre più significativo un prodotto di consumo, non siamo più costretti a limitarci a tour “in presenza” del nostro laboratorio. Abbiamo infatti già distribuito una serie di esperienze del nostro laboratorio gratis (disponibili qui) per chi ha la possibilità di scaricarle e vederle con un visore. Ora ci stiamo dedicando al progetto Virtual Becomes Reality, una versione autonoma del tour che mette in evidenza, in modo coinvolgente e interattivo, perchè la realtà virtuale è potente e ciò che sappiamo a riguardo dal punto di vista della ricerca.

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Nella descrizione di Virtual Becomes Reality si parla di due tipi di effetti della VR: sulle persone e sulla società. Ci racconti qualcosa in merito? E, in generale, ci parli del rapporto fra VR e ricerca?

Gran parte della nostra ricerca si basa su due idee fondamentali. In primo luogo, chi siamo come persone dipende dalle esperienze che abbiamo sulle spalle. In secondo luogo, se fatta bene, la realtà virtuale può sembrare indistinguibile dal mondo reale.

Mettendo assieme questi due concetti non è difficile comprendere come la VR abbia potenzialmente la forza di modellare nel profondo le persone e la società.

I nostri studi esaminano come la VR può promuovere l’empatia, la presa di prospettiva e la conservazione dell’ambiente; come può aumentare e migliorare la formazione, l’istruzione e la comunicazione digitale; in che modo modella il nostro sviluppo. Abbiamo all’attivo davvero troppi studi per poterli discutere anche solo brevemente in un’intervista, ma un esempio di ricerca sulla conservazione ambientale mostra che le persone che abbattono un albero in VR risparmiano in media il 20% in più di carta rispetto ai soggetti in condizioni di controllo.

Tutti i nostri articoli sono disponibili nel nostro sito gratuitamente. Se volete però affrontare una lettura leggermente più accessibile e scorrevole, vi suggerisco il libro di Jeremy Bailenson, Experience On Demand: What Virtual Reality Is, How It Works, and What It Can Do.

La realtà virtuale è un mezzo potente con implicazioni profonde. A Jeremy piace dire che è un po’ come l’uranio, che può riscaldare le case, ma può anche distruggere le nazioni.

Il nostro laboratorio tende a concentrarsi sulla ricerca di casi che possano avere un utilizzo pro-sociale – insomma, su modi per sviluppare questo mezzo che siano a beneficio dell’umanità. Nel condividere queste idee con il mondo stiamo incoraggiando le persone a riflettere in modo critico sulla realtà virtuale che creano e consumano.

C’è ancora così tanto da capire. In tutte le aree che ho citato – empatia, ambiente, formazione, istruzione e comunicazione – ma anche in innumerevoli altre, abbiamo solo iniziato a grattare in superficie. Non abbiamo intenzione di rallentare presto.

Molte delle ricerche scientifiche potrebbero fornire anche una base di lavoro a chi si occupa di cinema. A tuo parere qual è il rapporto con questo mezzo e la VR?

La realtà virtuale è un mezzo distinto dal cinema, così come il film è diverso dalla TV, che a sua volta è diversa dalla radio, che è diversa dalla stampa. È importante perciò trattare il mezzo VR come qualcosa di nuovo, con i suoi vantaggi e le sue sfide uniche.

Ad esempio, la realtà virtuale può essere interattiva in un modo in cui i film tradizionali non lo sono, ma è anche molto più difficile dirigere l’attenzione dello spettatore nella realtà virtuale perché non si può controllare facilmente dove va il suo sguardo. Ma come è vero che tutti i mezzi sono diversi fra loro, è vero che ci sono anche sovrapposizioni. La chiave è capire cos’è la realtà virtuale e come usarla al meglio per comunicare con le persone. Ci vorrà del tempo. Il cinema ha avuto più di 100 anni per evolversi, ma siamo ancora sulla punta dell’iceberg con la realtà virtuale. Speriamo che la nostra ricerca possa aiutare a fornire le fondamenta su cui altri possano costruire.


Anche in Italia c’è chi studia le applicazioni sociali, psicologiche ed educative della VR e i suoi potenziali benefici. Scoprite ad esempio quanto fatto all’Università Cattolica di Milano in questa intervista al prof. Andrea Gaggioli.

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